“Il sistema biologico è capace di dare risposte: ai consumatori che vogliono qualità e genuinità; al pianeta, in termini di salvaguardia dell’ambiente; agli agricoltori, per il giusto reddito“. Così, nella relazione introduttiva nel corso dell’assemblea nazionale, il presidente di Anabio Federico Marchini. Un’affermazione confermata dai dati: basti pensare che le vendite “bio” crescono ininterrottamente da oltre dieci anni e che solo nella prima parte del 2016 hanno registrato un ulteriore incremento del 19% (dopo il +20% del 2015). Tradotto al consumo, vuol dire un fatturato pari a 2,1 miliardi di euro l’anno, che sale a 2,5 aggiungendo la voce “food-service” (ristorazione e bar). “La crescita quantitativa dell’agricoltura biologica – aggiunge Marchini – crediamo che possa divenire un potente driver per tirare fuori dalle difficoltà l’intero settore agroalimentare. Ma per concretizzare questo obiettivo bisogna riorganizzare la rappresentanza politico-professionale del mondo produttivo, oggi troppo frammentata e dispersa in un numero eccessivo di sigle territoriali“.
In questo senso, evidenzia ancora il presidente di Anabio, “il Piano Strategico Nazionale per lo Sviluppo del Sistema Biologico dovrebbe favorire la stipula di una vera e propria alleanza tra il modo produttivo e le istituzioni nazionali e regionali per favorire uno sviluppo del settore che sia armonico e coordinato e che permetta di raggiungere nel 2020 un incremento della superficie coltivata del 50% e un incremento del valore della produzione del 30%“. Ecco perché “la richiesta esplicita che rivolgiamo al ministero delle Politiche agricole, alle Regioni e ai soggetti della filiera è quella di scommettere sul biologico come modello produttivo dell’agricoltura del futuro in una logica di sistema“. “È chiaro però – precisa il presidente della Cia Dino Scanavino – che per una reale affermazione del biologico devono essere portate a soluzione le questioni relative alla semplificazione legislativa e amministrativa. Allo stesso tempo devono essere potenziare le attività di ricerca e innovazione, che sono fondamentali per lo sviluppo del settore al fine di contrastare ad esempio i cambiamenti climatici, che causano diminuzione di produttività. Solo così il Piano Strategico Nazionale potrà realmente diventare fattore di sviluppo e consentire di costruire una nuova fase dell’agricoltura e dell’agroalimentare italiano“.
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